Le case di Kinsale – 3

Per un po’ il lavoro lo aiuto’, in piccola parte, a dimenticare l’immensa tragedia che lo aveva investito; vedere la sua donna consumarsi come una candela, non era pronto nonostante cercasse di farsi forza, soprattutto per aiutare Micol a vivere gli ultimi periodi nel miglior possibile. Mentre viaggiava per tornare a casa, sentiva un macigno in mezzo al petto. Aveva fra le mani un libro, leggeva senza capire, senza attenzione, distratto da molti pensieri… non era possibile per lui leggere, non in quello stato, richiuse il libro e automaticamente guardò fuori dal finestrino dell’aereo. I suoi pensieri erano come quelle nuvole di ovatta, ma più grigie. La mattina dopo aveva appuntamento col medico che aveva in cura Micol. – Prego, il dottor Cozich la sta aspettando. – La segretaria lo esortò ad entrare nello studio. – Buongiorno dottore – una stretta di mano ed arrivarono subito al punto, come voleva Raphael, si sedette senza dire nulla, il dottore cominciò a spiegare la delicata situazione di Micol e, senza dargli false speranze, gli disse che non avrebbe superato l’estate. Era preparato al peggio, ma quando non c’è nessun appello, nessun appiglio, nessuna speranza… niente di tutto questo, hai solo voglia di urlare tutto il tuo dolore, il disappunto, ti prende la voglia di scappare, anche se non sai bene dove, si pensa che è solo un brutto sogno, e Raphael lo pensava, lo sperava con tutto sé stesso. Ringraziò il dottore e quasi come un automa aprì la porta, salutò la segretaria e uscì da quello studio. Si ritrovò per strada camminando verso la sua auto. Entrò e come ipnotizzato si diresse a casa. Si era preso il pomeriggio libero. Aprì la porta di casa, buttò le chiavi sul tavolino e si sedette sul divano. Tutto gli sembrava diverso, ostile, come appannato da una nebbia grigia. Come era potuto succedere… non era giusto! Ancora due mesi, forse tre da vivere con lei. gli scoppiava la testa. Eppure a vederla… sembrava stesse bene, a parte un leggero dimagrimento. Decise che avrebbe proposto a Micol di passare un week end a Firenze, la città che lei amava per via dell’arte e della magia che lei diceva di percepire attraverso le sue vie, l’atmosfera. Lei, nonostante tutto, anche se a tratti si poteva percepire sul suo volto una profonda tristezza, parlava sempre con ottimismo, aveva voglia di lottare. Rispose al telefono – Ma è stupendo! Per il prossimo week end?… Sì, va bene… Raphael… tesoro… grazie! – Partirono il venerdì mattina. Durante il viaggio in aereo lei stette quasi sempre con la testa appoggiata alla spalla di Raphael, quasi a voler fermare quegli attimi per assaporare meglio il tempo che avrebbero trascorso insieme in quella meravigliosa città. Atterrati a Firenze, presero direttamente un taxi che li portò al centro storico. Pranzarono in una di quelle trattorie caratteristiche. terminato di pranzare, fecero a piedi il tratto di strada per andare in albergo visto che non distava molto. Micol guardava quasi distratta le vetrine, in realtà, era stanca e il suo pallore si fece più accentuato. Salirono in camera e riposarono. Per la cena chiesero il servizio in camera, successivamente guardarono insieme dalla finestra la gente che passeggiava o che frettolosamente tornava a casa. Sullo sfondo le strade, i vicoli, i palazzi densi di storia, poi lei si sdraiò sul letto e mentre parlavano per piccoli secondi si appisolava, Raphael fece silenzio poi con la coperta la coprì delicatamente e lei si addormentò. La guardò mentre lentamente scivolava nel sonno profondo, voleva guardarla mentre dormiva, la guardava come si osserva un’opera d’arte, assolutamente estasiato e ammirato per quella sua bellezza particolare e per quello che lei aveva sempre rappresentato per lui. Si era imposto di non pensare a nulla, voleva solo immagazzinare la sua immagine come fosse eterna, ferma in quell’attimo, il suo viso dolce e sereno, voleva stamparla nitida nella mente come uno dei suoi scatti migliori. La mattina seguente, si ritrovò ancora abbracciato a lei, per diversi minuti la guardò intensamente e nello stesso tempo cominciò a pensare che con Micol avrebbero improvvisato le varie tappe per visitare Firenze. Come sarebbe stato struggente per lui pensare a quei giorni, ma non ci voleva pensare, ora contava Micol, più di ogni altra cosa al mondo.

 

(Lorenza de Simone)

– Continua –

 

Le case di Kinsale – 2

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Lui le prese il volto fra le mani e non poté non notare che gli occhi di Micol, in quell’istante, riflettevano il verde della vegetazione. Era di una bellezza delicata. I lunghi capelli le incorniciavano il viso “Non fissarmi così, come se fossi un fantasma…” rise lei. “Scusami… non mi ero reso conto… I tuoi occhi oggi sono così particolari… Stupendi! Inoltre stava pensando che era inconcepibile che non guarisse. Era tutto così assurdo! Si erano promessi di vivere insieme, sperava in un cambio di rotta del destino, si aggrappava disperatamente a questa speranza, perché lei era tutto quello che gli restava, e mai avrebbe rinunciato alla sua presenza nella sua vita. Mai. Senza di lei sarebbe diventato un eremita rabbioso, in collera con il mondo. La voce di Micol lo distolse dai suoi pensieri “A cosa stai pensando così intensamente?” Lo sguardo di Raphael si spostò dalla vallata a lei “Pensavo che la prossima volta che verremo qui, dobbiamo organizzarci meglio, magari portarci qualcosa da mangiare e stare più tempo, ne vale la pena. Sembra che qui il tempo si fermi, e io voglio fermare il tempo quando sto con te. La guardò a lungo e poi le sfiorò i capelli, ne sentì il profumo, poi se la strinse a sé e si baciarono intensamente, dopo si avviarono alla macchina per far ritorno. Lungo il tragitto lei, tra una piccola conversazione e l’altra, a tratti, guardava il paesaggio con espressione serena, quasi sorridente, poi strada facendo, decisero di fermarsi in quel piccolo ristorante che ogni volta attirava la loro attenzione, quello con i tavoli e le sedie color pastello, con le lanterne bianche che ornavano le pareti esterne, insieme a cascate di edera e fiori sulle finestre. Si rivelò una buona scelta: cibo ottimo e spensieratezza fra loro, ripercorrendo la giornata trascorsa insieme. Proseguirono poi per tornare in città e successivamente lui accompagnò Micol a casa, quindi si salutarono. Raphael rimase appoggiato alla sua auto, la seguì con lo sguardo in lontananza finchè lei non entrò e chiuse la porta. Fissò il cielo per un istante, poi salì in macchina e ripartì. Alle 3 lo aspettava un viaggio in aereo e una giornata massacrante di spostamenti per lavoro.

(Lorenza de Simone)

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Le case di Kinsale – 1

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E’ un racconto senza nessuna pretesa. Scrittrice, non lo sono. Provo a trasferire le emozioni dei personaggi nelle parole, nelle descrizioni caratteriali. Ambientato in Irlanda, una terra che adoro, e che mi ha sempre affascinata. Scritto molti anni fa, ho pensato di dividerlo in piccoli capitoli e condividerlo.

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Raphael era arrivato a destinazione da qualche ora. Tempo prima aveva pensato che cambiare aria gli avrebbe fatto bene. Aveva scelto come rifugio per sé e i suoi pensieri l’Irlanda: una cittadina a caso. Sapeva quasi per certo che quella splendida terra di smeraldo, da sempre amata, l’avrebbe aiutato a lenire il dolore, a guardarsi dentro finalmente, senza barare con sé stesso o, almeno, se lo augurava. Il mare era un elemento a lui caro e lì, il mare era diverso, forse era più blu, un blu cupo come quello che sentiva nell’anima, ma era quello che voleva in fondo, e l’autunno era alle porte, malinconico compagno. Arrivò in albergo nel tardo pomeriggio, era stanco e stressato per il viaggio, per la vita ed i ricordi che come sempre non gli avevano dato tregua. Continuava a pensare: ” Dimenticare… Voglio dimenticare! Non lei… ma la sua sofferenza… “. L’aveva persa, aveva perso Micol, così all’improvviso. Son quelle situazioni, che quando arrivano, ti lasciano povero di emozioni, ma solo in apparenza. Dentro, scavando… sai che hai l’inferno, e vorresti saltare quel capitolo, ma lui è lì, pronto a tornare come un boomerang lanciato alla perfezione. Dopo cena salì nella sua camera, guardò fuori dalla finestra, scrutò il panorama in lontananza. Era l’imbrunire, e il cielo si era arreso al tramonto, a quei colori talmente vividi e quasi prepotenti che lo lasciarono quasi attonito. Distolse lo sguardo dalla finestra-quadro, quindi sistemò le sue cose. Fece una doccia veloce e, successivamente, crollò sul letto, esausto. La mattina seguente, decise di fare un giro per la piccola e pittoresca cittadina: Kinsale, ma prima sarebbe andato a vedere il vecchio faro. Era molto affascinato dai fari, lo era sempre stato, fin da piccolo. Li disegnava, li fotografava. Era un bravo fotografo, il suo lavoro gli permetteva di immortalare panorami e attimi irripetibili. Era molto apprezzato per i suoi scatti. Affittò una macchina, e cominciò il suo mini viaggio in quel luogo, così diverso e tranquillo. Si diresse verso il mare. Mentre guidava, i suoi pensieri, che negli ultimi tempi lo angosciavano e intristivano, stranamente, diventarono compagni discreti, scorrevano anche se nostalgici, un po’ come quando si è in treno e vedi un bel paesaggio scorrere dal finestrino, senza che la noia abbia il sopravvento. Era una giornata di sole, il cielo era terso  e fuori, la brezza marina, muoveva dolcemente la vegetazione circostante. Parcheggiò, poi cominciò a camminare guardandosi meglio intorno. Il verde lì era davvero pazzesco, l’aria profumava di mare e mentre proseguiva, respirava a pieni polmoni, come a voler immagazzinare quel vento e quei gradevoli profumi per quando sarebbe tornato a casa. Si fermò per un attimo e chiuse gli occhi, poi proseguì, come alleggerito. Amava passeggiare in riva al mare, in qualunque luogo si trovasse, ma lì il mare era diverso, aveva qualcosa in più, come una memoria antica che affiorava dal suo canto impetuoso, quell’infrangersi di onde sugli scogli, come parole di ricordi lontani che, prepotentemente, sottilmente, arrivavano alla sua mente e Raphael, arreso, non poteva che sottostare a quel dolce amaro gioco di quel mare cobalto. Fissò l’orizzonte, e lentamente i ricordi presero corpo.

 “Raphael, dai sediamoci qui… guarda che bella panchina!” Micol aveva il potere di annullare tutto quello che c’era intorno a loro, anche se fossero stati in mezzo al traffico. Tutto spariva quando era con lei, c’erano solo loro due. Quella sorta di magia si ripeté in quel pomeriggio, tanto più che erano in mezzo alla natura, e il tronco di quercia, trovato casualmente in quel sentiero, era davvero comodo. Era l’inizio dell’estate e il sole, generosamente scaldava l’aria, ma non era sfacciato come a luglio. “Sai Raphael… dovremmo venirci più spesso qui”. Poi, pensierosa, fece una lunga pausa come per prepararsi a dire qualcosa di cui non avrebbe voluto parlare. Giocherellando con un pezzetto di ramo  fra le dita disse “Ieri sono stata dal Dr. Cozich, per l’esito delle analisi, i valori sono scesi rispetto all’ultima volta. Mi ha detto che, se anche nelle prossime sarà così, si potrà sperare in meglio”. Raphael cercò di non far trasparire la sua apprensione “Ne ero sicuro, come sono sicuro che al prossimo controllo,saranno quasi nella normalità, ci scommetto la mia Nikon nuova di zecca!” Sorrisero insieme mentre lui cingeva il braccio intorno alla vita di Micol, e lei appoggiò la testa sulla sua spalla.

 (Lorenza de Simone)

 

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Cattedrale

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Annika vedeva la foresta come un’immensa cattedrale, guardava in tutte le direzioni ed era ammirata. Spesso le piaceva uscire quando la pioggia era imminente, solo così i pensieri affioravano più facilmente, anche quelli più nascosti, più dolorosi.

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In quel luogo tutto si ridimensionava, tutto assumeva la giusta importanza. In quei momenti tollerava solo il suono della natura e la luce della natura, i colori tenui, il tramonto all’imbrunire.

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Solo in quella stupefacente semplicità era disposta a sentire fino in fondo il dolore delle ferite e, alle prime gocce di acqua, lasciava alla pioggia il compito di purificarle e rimarginarle così che la forza assopita in lei riprendesse nuovo vigore.

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Il resto dell’acqua, non andava mai persa… preziosa acqua, “… l’acqua è vita, lo è sempre stata, anche noi siamo stati acqua. E’ da lì che proviene tutto. No, non posso rinnegarti, ma benedirti.”

 

(Lorenza de Simone)

Ai Confini Del Tempo

 

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L’oracolo disse: “Attraversa i confini del tempo,

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Quando ti troverai davanti

all’ingresso della foresta terrena

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incontrerai sul tuo cammino

gli esseri che in lei dimorano

e che ti mostreranno il giusto sentiero

da percorrere.

Il primo sarà lo spirito custode

del lago blu,

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 ti darà le chiavi

del tempio delle

due lune.

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Chiedi allo spirito qual è

il percorso da seguire per poter

incontrare la civetta della notte.

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Quando l’avrai incontrata, domandale

quanto cammino ci sarà ancora

da fare perché sorga il sole

così che tu possa portare con te

la libellula azzurra che riposa

sulla grande pietra.

Lei ti indicherà come proseguire.

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La libellila disse: “Ti aiuterò a trovare tre cose sacre che servono

per poter accedere all’entrata del tempio:

I tre fiori di ghiaccio,

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 cinque tulipani di velo,

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ma solo quelli tessuti dai ricordi delle driadi,

le ninfe delle querce,

PORTALE DELLE FATE

ed infine dovrai

portare con te

sette gocce di luce

che crescono

nella radura delle ombre.

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Quando avrai con te queste tre cose,

io ti lascerò per tornarmene

a volare sull’acqua del lago blu.

C’è poi un’ultima cosa

da cercare, ma dovrai trovarla da te:

il diadema che rubarono

alla grande signora della foresta,

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quando lo troverai, portalo

al suo cospetto, ed oltre

a farle trovare pace, lei

ti ricompenserà indicandoti

la via segreta

per arrivare al tempio

delle due lune.

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Ti ringrazierà e per renderti più agevole

il cammino chiamerà le farfalle turchesi

che illumineranno il difficile percorso.”

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Arrivata al tempio delle due lune, entrando,

Ellenel sentì una voce che le disse:

“Devi depositare molte scintille

una alla volta

là dove sta morendo la vita,

così che rinasca nuova vita.”

Così cominciò la sua missione.

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Era venuta dal suo tempo

all’altro tempo. Portò con sè

le scintille celesti, erano

inesauribili e, dove si posarono,

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nacque vita pulsante,

nuova natura…

la più bella che avesse mai visto…

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cascate…

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foreste imponenti…

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aria tersa…

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animali meravigliosi…

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perfino

piccole rane colorate,

così belle da sembrare

pietre preziose…

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nuove specie di fiori…

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Ed ecco… gli spiriti della natura si misero

all’opera. Non c’era più tempo

da perdere.

Ognuno continuò

il proprio compito.

Quelli della terra,

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quelli dell’acqua,

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quelli dell’aria,

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gli spiriti del fuoco,

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gli spiriti dell’armonia.

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Ogni cosa nascosta

germogliò

 forte, fiduciosa.

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Tutta la foresta la salutò

e i suoi spiriti

 la protessero sempre.

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l’Anima della Terra

cominciò a guarire

e l’Amore continuò

ad essere

il potere più grande

dell’universo.

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Un Passo Dopo L’Altro

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… Per guarire la tua anima, devi attraversare il lato oscuro della foresta.

Abbi coraggio ragazzo mio, non farti spaventare da nulla, anche se,

quella che intraprenderai, sarà la strada più dura e ostile che ti sia

mai capitata. Cammina e, nel silenzio, ascolta ciò che il tuo cuore

ti dirà. Cammina ragazzo, l’oscurità non durerà in eterno, prendi

 tutte le tue forze e continua il cammino, anche se sarai stanco,

anche se gli occhi ti bruceranno, continua a camminare, un passo

dopo l’altro… E un passo dopo l’altro, sentirai il profumo familiare

del muschio, sentirai la sua morbidezza, e non più il sentiero

fatto di arida terra. Non arrenderti, anche se il tuo corpo te lo

chiederà, sii forte e, se nonostante tutto questo, sarai triste e

sfiduciato, chiedi aiuto, è un tuo diritto farlo, perchè se riuscirai

ad arrivare nei pressi del passaggio e ad intravedere il portale

dell’Oltre, la sua Luce e i Custodi messi a guardia ti apriranno l’entrata,

solo allora saprai se accettare oppure no, la missione che ti sarà

affidata e, qualunque sia la tua scelta, ti sarà concesso di tornare

alla tua dimora, scortato dagli eterni spiriti della Natura.

***********

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Nel Vero Presente

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Fino a qualche anno fa pensava che l’unica vera compagna

della sua vita fosse la sua solitudine.

Aveva provato a tradirla con la materialità della vita,

delle persone conosciute nel corso degli anni. Amici,

compagne, amanti, ma ogni volta, era come una strada

sconosciuta, dove per quanto tu faccia e aguzzi la vista,

non esiste un’indicazione, nessun cartello che ti dica

dove tu sia. Si perdeva ogni volta, ed ogni volta

non voleva ammettere, nemmeno a sè stesso,

la delusione. Così, l’andirivieni di situazioni,

scoperte gradite e non, stupori e amarezze

lo cristallizzarono in un presente fatto di passato,

di ricordi da cui era difficile districarsi.

Nelle sere d’autunno, spesso, aveva l’abitudine di

camminare in città, in quei vicoli dove, ormai, il giorno

aveva lasciato posto alla notte e al suo alone di

antichi misteri, giù per i borghi, che si vestivano

di umidità pre-invernale. In quei luoghi, una sera,

incontrò il nuovo sè stesso, capace di ributtarsi

nel vero presente, senza rimpianti per il passato,

per ciò che nel bene e nel male non sarebbe più

potuto tornare indietro.

Quella sera camminò senza fretta verso casa, certo che

da quel momento, qualcosa d’importante

sarebbe successo nella sua vita.

Un’inspiegabile leggerezza dell’animo lo pervase,

arrivò davanti alla porta di casa, ma prima di aprirla,

si voltò verso la strada, scrutò la via, le case di fronte.

Stette ancora un attimo ad assaporare

quel momento così unico e profondo pensando

che il domani avrebbe avuto un nuovo inizio

e nuove parole da scrivere nelle pagine della sua vita.

*Lorenza de Simone*

La Pioggia Nel Cuore

Lui la guardò come se fosse la prima volta, riempiendosi gli occhi

di quel viso a lui tanto caro. “Pensi che in quel cielo infinito non

esista nient’altro? ” Domandò lei. “Me lo sono chiesto molte volte…

Chi può dirlo. “Secondo te?” Penso che l’universo sia talmente vasto

che credere di essere soli sia da presuntuosi. “Già… Lo penso anch’io.”

Rispose lei scrutando le stelle. L’Aria si fece più frizzante, era quasi

finita l’estate. Passeggiando lei ebbe un impercettibile brivido.

“Credo che camminerò più velocemente così sentirò meno freddo… “

Disse lei sorridendo. Lui si avvicinò e la strinse a sè camminandole

a fianco. “Non ce ne sarà bisogno” le disse. La luna illuminava la

vallata e il castello in lontananza sembrava aver guadagnato gli

antichi splendori sotto quella luce. Lei era assorta guardando

davanti a sè. Lui si fermò e la guardò, guardò ancora quel viso,

quegli occhi, scrutava oltre il suo sguardo cercando d’indovinare

i suoi pensieri. Trovò solo il luccichio di lacrime nascoste. Lui le

prese il viso tra le mani e le baciò gli occhi. “Dimmi il perchè di queste

lacrime” disse lui. “Domani partirò… Sono sicura che qui lascerò una

parte di me, quella più profonda, più importante. Ho trascorso con te

dei giorni molto belli, intensi, forse irripetibili. Mi sentirò più sola

quando sarò tornata… Ecco il riassunto di queste lacrime.” Lui

l’abbracciò accarezzandole i capelli. “E cosa ti fa credere che per me

non sarà anche peggio?” Tutto qui mi ricorderà te, mi parlerà di te.

Ogni angolo, ogni sentiero, perfino la pioggia… ” disse lui. Lei annuì.

“… La pioggia, quando la vedrai cadere, io sarò lì, esci e lasciati

inondare, baciare da quella pioggia… La pioggia di settembre quella

più gentile. Io sarò lì… Ricordalo.” disse lei accarezzandogli il viso.

Lui le prese le mani e se le portò sulle labbra sfiorandole lievemente.

Lei chiuse gli occhi e fu allora che si baciarono come se fosse l’ultima

volta, come chi si disseta con acqua di sorgente dopo aver subito

l’arsura del deserto… Poi nella magia di quel momento s’incamminarono

verso casa, incerti del loro futuro, ma assolutamente consapevoli che

si sarebbero amati anche persi nel tempo, indipendentemente

da come sarebbe andata.

l.d.

L’Orizzonte Dei Ricordi

… Amava passeggiare in riva al mare, in qualunque luogo lo facesse,

ma lì il mare era diverso, aveva qualcosa in più, come una memoria

antica che riaffiorava dal suo canto impetuoso. Quell’infrangersi

di onde sugli scogli come parole di ricordi lontani che,

prepotentemente, sottilmente, arrivavano alla sua mente

e Rafael, arreso, non poteva che sottostare a quel dolce-amaro

gioco di quel mare cobalto. Fissò l’orizzonte e lentamente

i ricordi presero corpo…

l.d.

Il Sassolino Azzurro

 

Eh si…è quando tutto tace e cala il mantello della notte a coprire

i tetti e le case che i miei pensieri alati mi prendono per mano

e mi trasportano in un luogo magico. Uno spazio dove come in

un labirinto, disseminato di arcani portali, è lì che aspetta me.

Il mistero mi ha sempre affascinata. Sarà che, a volte, è più

facile cercare di capire l’ignoto che comprendere la vita reale,

dove tutto è meno imperscrutabile. Forse è solo semplicemente

che non amo solo la realtà visibile, ma ciò che potrebbe

nascondersi dietro ad essa. Socchiudo gli occhi…Ed ecco che

comincio ad addentrarmi nel magico labirinto. La luce lunare

illumina con discrezione il suo percorso. Sento un alito di vento

sulla pelle e profumo di fiori selvatici. Proseguo e dinanzi a me

si erge un portale segreto…è a forma di arco…strano e trasparente.

Con timore comincio ad oltrepassare l’entrata, poi indietreggio.

In fondo, non so cosa potrebbe aspettarmi oltre, ma ne sono

tremendamente attirata. Non so che fare, mi guardo

attorno, e per caso, vedo sul terreno, un piccolo sasso

illuminarsi di una luce azzurra. Lo raccolgo e lo osservo

attentamente da vicino; c’è una piccola iscrizione con

caratteri gotici, c’è scritto: “realtà”. Strano leggere questa

parola qui, comunque decido di portare con me il sasso

luminoso, chissà…potrebbe servirmi.

Oltrepasso il portale e…tutto quello che c’era intorno a me

scompare, lo scenario cambia. E’ l’imbrunire, mi trovo a

camminare su un sentiero di campagna in mezzo ad un

prato. Ai margini del sentiero e tutt’intorno ci sono

un’infinità di alberi fra cui meravigliose querce secolari.

In lontananza, casupole col tetto di muschio che fanno quasi

da sentinella ad un maestoso castello che svetta su di una

collina. Proseguo il cammino. A tratti avverto una presenza dietro

me, ma non vedo nulla. Questa sensazione si fa sempre più

forte…circospetta guardo in tutte le direzioni mentre continuo

ad avanzare, ad un tratto, con la coda dell’occhio, intravedo

una piccola cosa che si muove con velocità, le dico “Qualunque

cosa tu sia, fatti vedere!” Nulla, sento che non è un piccolo

animale, ma qualcosa di più complesso. Il fatto strano è che

non ne ho eccessiva paura, la sento una presenza amica.

Comincia a calare la sera e sono arrivata alle prime casupole.

mentre guardo incuriosita la prima, sento svolazzarmi dietro

qualcosa e nello stesso tempo sento una piccola risata, mi

volto istintivamente di scatto, ma non vedo null’altro che

minuscole stelline e un alone di luce. “Ehy…ma fatti vedere! Cosa

sei? Cosa vuoi da me? So che non hai paura perciò…che aspetti?”

Un’altra risatina divertita, niente di fatto…Vabbè, proseguo per

il sentiero e quando meno me lo aspetto, ecco apparirimi davanti,

un piccolo essere alato di circa 10 cm. a metà tra una libellula

e una piccola fata. E’ vestita di petali, il viso è bellissimo,

capelli lunghi di un colore mai visto prima. A quel punto,

vedendo il suo sguardo amichevole, le dico “Eccoti finalmente,

ma chi sei? Qual’è il tuo nome?” mi rispose “Sono una Silfidina,

un piccolo spiriro dell’aria, vivo nei boschi, il mio nome è Ayla

e tu invece chi sei?” Risposi “Beh…io non faccio parte della

tua dimensione, la mia curiosità per tutto ciò che è misterioso,

mi ha portata fino a qui, cercavo di capire che luogo è questo”.

Mi rispose “Qui sei nel bosco dei sogni d’argento, popolato

da noi piccoli esseri e dalla fantasia che ispira la luna, più a sud

c’è la foresta dei pensieri dorati…”. Pensai, mentre Ayla

continuava a parlarmi, “E’ meraviglioso, sono in un mondo

magico…”. All’improvviso, sentii voci che urlavano con ferocia,

voci sovrapposte, insulti…”Ma che cosa..?!?” Ecco che mi

ritrovo di colpo catapultata nella “reale” realtà…Mi stropiccio

gli occhi e vedo davanti a me in tv Bruno Vespa e i suoi ospiti

che si urlano addosso come ossessi…Mannaggia..!! Mi ero

addormentata come sempre davanti alla tv. Ma chi ha cambiato

canale? Voglio tornare nel bosco fatato e addormentarmi

sognando quel mondo fantastico. Delusa, vado a letto, sono stanca,

spengo la luce e penso sorridendo “Notte, piccola Ayla”, e

mentre chiudo gli occhi sento quella sua risatina simpatica

e penso ancora “Sto ancora sognando…” E successivamente mio

marito che mi chiede “Perchè ridi a quest’ora?” Perplessa risposi

“Io…? No nulla…” Pensai “Il sonno fa brutti scherzi, ho riso

senza accorgermene”. Cerco di prendere sonno, ma sento sotto

una spalla, qualcosa che mi da fastidio, mi sollevo dal letto e

vedo nel buio il piccolo sasso azzurro luminoso, lo guardo bene

da vicino…sopra c’era scritto “fantasia”.

 l.d.