Per un po’ il lavoro lo aiuto’, in piccola parte, a dimenticare l’immensa tragedia che lo aveva investito; vedere la sua donna consumarsi come una candela, non era pronto nonostante cercasse di farsi forza, soprattutto per aiutare Micol a vivere gli ultimi periodi nel miglior possibile. Mentre viaggiava per tornare a casa, sentiva un macigno in mezzo al petto. Aveva fra le mani un libro, leggeva senza capire, senza attenzione, distratto da molti pensieri… non era possibile per lui leggere, non in quello stato, richiuse il libro e automaticamente guardò fuori dal finestrino dell’aereo. I suoi pensieri erano come quelle nuvole di ovatta, ma più grigie. La mattina dopo aveva appuntamento col medico che aveva in cura Micol. – Prego, il dottor Cozich la sta aspettando. – La segretaria lo esortò ad entrare nello studio. – Buongiorno dottore – una stretta di mano ed arrivarono subito al punto, come voleva Raphael, si sedette senza dire nulla, il dottore cominciò a spiegare la delicata situazione di Micol e, senza dargli false speranze, gli disse che non avrebbe superato l’estate. Era preparato al peggio, ma quando non c’è nessun appello, nessun appiglio, nessuna speranza… niente di tutto questo, hai solo voglia di urlare tutto il tuo dolore, il disappunto, ti prende la voglia di scappare, anche se non sai bene dove, si pensa che è solo un brutto sogno, e Raphael lo pensava, lo sperava con tutto sé stesso. Ringraziò il dottore e quasi come un automa aprì la porta, salutò la segretaria e uscì da quello studio. Si ritrovò per strada camminando verso la sua auto. Entrò e come ipnotizzato si diresse a casa. Si era preso il pomeriggio libero. Aprì la porta di casa, buttò le chiavi sul tavolino e si sedette sul divano. Tutto gli sembrava diverso, ostile, come appannato da una nebbia grigia. Come era potuto succedere… non era giusto! Ancora due mesi, forse tre da vivere con lei. gli scoppiava la testa. Eppure a vederla… sembrava stesse bene, a parte un leggero dimagrimento. Decise che avrebbe proposto a Micol di passare un week end a Firenze, la città che lei amava per via dell’arte e della magia che lei diceva di percepire attraverso le sue vie, l’atmosfera. Lei, nonostante tutto, anche se a tratti si poteva percepire sul suo volto una profonda tristezza, parlava sempre con ottimismo, aveva voglia di lottare. Rispose al telefono – Ma è stupendo! Per il prossimo week end?… Sì, va bene… Raphael… tesoro… grazie! – Partirono il venerdì mattina. Durante il viaggio in aereo lei stette quasi sempre con la testa appoggiata alla spalla di Raphael, quasi a voler fermare quegli attimi per assaporare meglio il tempo che avrebbero trascorso insieme in quella meravigliosa città. Atterrati a Firenze, presero direttamente un taxi che li portò al centro storico. Pranzarono in una di quelle trattorie caratteristiche. terminato di pranzare, fecero a piedi il tratto di strada per andare in albergo visto che non distava molto. Micol guardava quasi distratta le vetrine, in realtà, era stanca e il suo pallore si fece più accentuato. Salirono in camera e riposarono. Per la cena chiesero il servizio in camera, successivamente guardarono insieme dalla finestra la gente che passeggiava o che frettolosamente tornava a casa. Sullo sfondo le strade, i vicoli, i palazzi densi di storia, poi lei si sdraiò sul letto e mentre parlavano per piccoli secondi si appisolava, Raphael fece silenzio poi con la coperta la coprì delicatamente e lei si addormentò. La guardò mentre lentamente scivolava nel sonno profondo, voleva guardarla mentre dormiva, la guardava come si osserva un’opera d’arte, assolutamente estasiato e ammirato per quella sua bellezza particolare e per quello che lei aveva sempre rappresentato per lui. Si era imposto di non pensare a nulla, voleva solo immagazzinare la sua immagine come fosse eterna, ferma in quell’attimo, il suo viso dolce e sereno, voleva stamparla nitida nella mente come uno dei suoi scatti migliori. La mattina seguente, si ritrovò ancora abbracciato a lei, per diversi minuti la guardò intensamente e nello stesso tempo cominciò a pensare che con Micol avrebbero improvvisato le varie tappe per visitare Firenze. Come sarebbe stato struggente per lui pensare a quei giorni, ma non ci voleva pensare, ora contava Micol, più di ogni altra cosa al mondo.
(Lorenza de Simone)
– Continua –